Più volte i ministri del re in Sicilia aveano fatte alte lagnanze al gran maestro a cagione delle frequenti prese, che i cavalieri dell’ordine, che padroneggiavano i legni nemici, faceano sopra i vascelli spagnuoli, e siciliani. Siccome il Lascaris non dava le giuste provvidenze, il vicerè, per riparare a questo disordine, comandò, che si negassero le tratte de’ grani, ed i biscotti per l’Isola, e per le galee della religione; nè scuotendosi tuttavia il gran maestro a questo primo segno di scontentamento, ordinò, che si sequestrassero i ricchi beni, che quei cavalieri possedevano nel regno di Sicilia. Questo secondo gastigo pungea davvicino i commendatori, e perciò radunatosi il consiglio della religione fu risoluto di fare un rigoroso divieto a’ cavalieri d’intrigarsi negli armamenti, che si farebbono contro i principi cristiani; e fu spedito un ordine a tutti i comandanti de’ porti di non ricevere in verun modo gli armadori francesi, obbligandoli col cannone, se mai si accostavano, ad allontanarsi da’ mari di quell’isola. Per addolcire poi l’animo dell’irritato Giovanni d’Austria gli fu spedito uno ambasciadore, il di cui nome ci tacque il Vertot (1619), il quale fe ogni opra per discolpare il gran maestro, e la religione; ma sua altezza tenne fermo nel suo proponimento, nè s’indusse a levare il sequestro, se non quando seppe le ostilità usate alla Cala di Marza Sirocco al cavaliere de la Carte, il quale dopo di aver sofferto un terribile combattimento verso l’isola del Gozzo, volendo risarcire in Malta il suo legno, ne fu respinto dalle batterìe, che se gli dirizzarono per contro, e impedirono che si accostasse.