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      Egli è vero che il re Filippo IV, come abbiamo raccontato, ordinò al Sermoneta, che non andasse più a Messina; ma di poi per i maneggi dei protettori di quella città, fu questo comando rivocato, e fu egli lasciato in libertà di recarvisi. Cominciò adunque il nuovo vicerè, appena trattenutosi pochi giorni in Palermo, a spargere che fra breve sarebbe partito per Messina; nè potè mai ritrarsi da questo proponimento, nulla ostanti le preghiere, e le promesse del senato, e della nobiltà di Palermo, che ributtò assai duramente (1696).
      Venendo adunque i ventitrè di maggio s’imbarcò su d’una galea del gran duca di Toscana per Messina, dove arrivò a’ 29 dello stesso mese. Vuolsi ch’ei sulle prime avesse avuto motivo di pentirsi dall’esservi andato; imperocchè nata briga di alcuni popolari cogli alabardieri della guardia di esso, tre, o quattro di questi furono buttati a mare a pericolo di sommergersi. Ma l’astuto segretario ebbe l’accortezza di fargli capire, che questo accidente era accaduto per l’allegrìa, in cui era la plebe per il desiato suo arrivo.
      Faceansi intanto in Madrid de’ maneggi per vantaggiare la sorte de’ Messinesi. Il duca della Montagna avea carpito dal sovrano un privilegio, con cui si concedea, [380] che tutta la seta, che si fosse raccolta nel regno, non potesse estrarsi, che dal solo porto di Messina. Questa grazia, quanto era vantaggiosa per questa città, altrettanto era pregiudizievole a tutte le altre città marittime del regno. Penetratosi in Palermo l’ordine reale, e che il duca di Sermoneta era disposto a farlo eseguire, il senato, e la deputazione del regno gli fecero delle forti rappresentanze; addimostrandogli, che la esecuzione di questo privilegio avrebbe rovinato, e spopolato tutto il resto della Sicilia, contandosi, che nella sola città di Palermo si sarebbono ridotti ad una estrema povertà più di trentamila abitanti fra negozianti, e fabbricatori di seta.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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