Dopo di essersi trattenuto per alcuni giorni nella detta capitale, dove ricevette le più graziose dimostrazioni, sciolse il Ruiter le vele, e partì per Milazzo ad oggetto di comunicare il suo disegno al vicerè, col di cui aiuto potea in effetto eseguirlo.
      Intanto che nel campo spagnuolo a Milazzo si tiravano le linee dal vicerè, e dal Ruiter per assalire Messina, in questa città crescea il disgusto contro i Francesi, e il desiderio di ritornare sotto il dominio del re Cattolico (1785). Ma crebbe di poi la brama di liberarsi dai Francesi, quando videro per ordine del Vivonne decapitato nella pubblica piazza il p. Lipari domenicano con un suo fratello, e molti altri cittadini (1786). Tutto pareva disposto a favore delle armi austriache, e perciò il marchese di Villafranca applaudendo al progetto del Ruiter, giusta il piano stabilito nel consiglio di guerra tenuto a Palermo, convenne con esso, che, mentre la flotta combinata composta di trentacinque navi da guerra, e di nove galee si presentava alla bocca dello stretto di Messina per isfidare a battaglia la squadra francese, egli avrebbe mandato ad occupare il nuovo forte, che il duca di Vivonne avea fatto erigere sotto il convento dei Cappuccini, ed avrebbe ancora fatto attaccare l’altro fortino, che era verso s. Francesco di Paola, per farsi strada ad entrare in quella città.
      Fausti forono i primi movimenti delle truppe regie di terra; furono guadagnati i detti posti, e già lo esercito era alle viste di Messina; ma il volubile popolo cambiando di sentimenti, [403] e irritato dal vedersi stretto dall’armata regia, chiese con premura di darglisi le armi, colle quali si compromettea di fare sloggiare gli Spagnuoli da’ luoghi occupati.