Per suo ordine furono consegnati al pretore de’ cannoni per fortificarsi la città (1793).
      In questa azione, che durò sino alle ore 21, considerabile fu la perdita, che fecero gli olando-austriaci. Vi morirono l’Ivarras, e l’Haen; restarono vittima delle fiamme nove vascelli, e le due mentovate galee; e gli altri legni rimasero così fracellati, che non furono più in istato di servire; inguisacchè fu di mestieri agli Olandesi di venderne gli attrezzi. Co’ cannoni, che furono comprati dal senato, furono guarniti il castello al Molo, la Lanterna, e la Garita. Se restarono danneggiati in questa sorpresa i nostri, non furono certamente esenti da danno i Francesi, quantunque vincitori. La frettolosa loro ritirata in Messina, e il non essersi il Vivonne, come gli sarebbe stato agevole, avvicinato alla capitale, per insignorirsene, mentre l’armata reale, ed olandese era devastata, e priva di difesa, sono argomenti assai concludenti per ricavare, ch’eglino ancora soffrirono una gran parte di disastri.
      Disgustato il vicerè marchese di Villafranca degl’infortunî, che di continuo accadevano alle armi regie; e toccando con mani, che nello infelice suo governo gli era ogni cosa accaduta a traverso, comechè non fosse ancora spirato il triennale suo viceregnato, dimandò alla corte di essere richiamato, e l’ottenne prima che finisse l’anno 1676, in cui a’ 22 di settembre se ne partì. Non molto egli oprò negli affari politici: intento sempre alla guerra, e trattenutosi, durante il tempo che fu in Sicilia, nel campo a Milazzo, non potè rivolgere l’animo a procurare la felicità del regno, che ben può un accorto ministro promuovere nei tempi di quiete, e di pace.