Terminato il parlamento partì il vicerè per Messina, per compiervi, come bramava, la fabbrica della cittadella, e forse per non trovare ostacoli, per ivi ergersi la statua di bronzo del re Cattolico. Si era questo simulacro equestre perfezionato nella regia fonderia di Palermo dai due famosi artefici Giacomo Serpotta, e Gaspare Romano, i quali ne riscossero dei grandi elogî dagl’intendenti. Rappresenta questa statua il re Carlo II, montato sopra un cavallo, i di cui piedi di dietro posano sopra un piedestallo, e gli altri due restano in aria rampanti, come se volessero calpestare una Idra, che sta sotto. È il re vestito d’armi bianche col toson di oro al petto, tenendo colla destra il bastone di comando, e colla sinistra le redini del cavallo. Ha alle gambe gli stivali, e gli speroni, e con uno di questi desta al moto il suo destriero. La sella, su cui è assiso, è lavorata con intagli, e varî geroglifici di gente incatenata, e di trofei tratti dai nemici. In somma mostrasi in tutto il genio, il gusto, e la esattezza degl’inventori, e degli esecutori. Il peso della medesima fu di cenquaranta quintali di bronzo, essendovisi aggiunto ciò che mancava alla campana, che abbiamo mentovato. Si estrasse questa nobile statua dalla officina suddetta a’ 4 di maggio, e ai 6 fu trasportata su di una barca fino al molo di Palermo, la quale agli otto partì accompagnata da tre galee di Sicilia, fra le quali era la comandante, rimbombando alla sua partenza le artiglierie del castello, e della città. Giunse con buon vento a Messina, e il conte di Santo Stefano, che era già ivi arrivato, comandò che fosse collocata nella piazza, in cui era il diroccato palagio del senato; il che fu eseguito ai 26 dello stesso mese, essendosi apposta ai piedi la seguente iscrizione: