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      Fu questo fuso nella reale fonderia a spese del real patrimonio, cui fu apposta una strana iscrizione degna de’ cavalieri palatini, e romanzeschi, che non sarà discaro di leggersi:
      Fulmineum hoc opus coelis vel ipsis intentans bellum
      Nec unam in uno fulmine invehens terris cladem
      Decimus tertius est labor Herculis semper invictissimi
      Joannis Fransci Pacieco proregis anno MDCXCII.
      Ma un nemico assai più possente del monarca di Francia soffrì la Sicilia nell’anno 1693, che le arrecò calamità irreparabili. La notte de’ 9 di gennaro intorno alle ore quattro, e mezza si udì per tutta l’Isola una scossa di terra, la quale fu leggiera nella valle di Mazara, ma forte, e violenta nelle altre due di Noto, e di Demona. Lo spavento fu grande, e si accrebbe, come è naturale, dalle tenebre della notte. Gli abitanti abbandonarono le loro case, e stiedero nelle piazze, e nelle campagne fra’ rigori dello algente verno, sino che spuntò il dì 10, in cui restarono abbattuti al vedere le abitazioni nella maggior parte aperte, e vicine ad essere rovinate. Questo primo terremoto fu foriero di quello terribilissimo, che accadde agli 11 di esso mese alle ore 21, per cui si squarciò la terra dalle sue viscere, caddero gli edifizî i più magnifici, e si aprirono delle voragini, che inghiottivano i viventi. Il teatro, in cui principalmente accadde questa lugubre scena, fu la città di Catania, la quale in pochi momenti diventò un mucchio di pietre. Morirono in essa allora presso a diciotto mila [431] abitanti, e non ne sopravissero, che nove mila; e questi rifiniti, e malconci (1900). Grandi furono, come che minori, i disastri, che soffrirono le altre città delle due mentovate valli, che in parte furono ancor esse rovinate, e dove molti degli abitanti restarono sepolti sotto le cadute case.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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