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      Stiede la città in una tale quale quiete per lo spazio di tre giorni, nei quali continuarono i collegi degli artisti a fare nei baluardi vicendevolmente la guardia; ma non perciò gli animi erano tranquilli. Il vicerè, che suo malgrado avea poste le armi nelle mani del popolo, era pieno di timore, ed avea fatte raddoppiare le guardie al regio palagio: il Maonì, e gli altri uffiziali maggiori, che avrebbono desiderato di misurare le loro forze con quelle dei Palermitani, erano crucciati nel vedersi legate le mani da questo viceregnante; e gli artisti, ai quali non erano ignoti i loro disegni, stavano in allarme, temendo di qualche aguato. Nulla eglino speravano dall’aiuto del pretore, che riguardavano come nemico, e perchè di origine era messinese, e perchè avea rovinato il banco pubblico della capitale, avendo consumata una porzione del denaro per risarcire la moneta ritagliata, senza curare di farnelo rimborsare, ed avendo somministrate da esso banco ingenti somme alla regia corte per pagarsi le truppe, dalle quali cagioni era nato, che il banco fosse fallito, e si fossero sospesi i pagamenti de’ bimestri, per cui era cessato il commercio, e molte famiglie perivano di fame. Non fidavano nemmeno nella nobiltà, che vedevano affezionata al vicerè, e agli uffiziali stranieri. Privi perciò di appoggio non credevano di poter prendere consiglio, che da loro stessi, e riputarono come nemici tutti coloro, che non appartenevano a’ loro collegî.
      Frattanto accrescevansi i loro timori dalle voci, che spargevano i malcontenti per la città: cioè che sotto i baluardi vi si fossero collocate delle mine di polvere, che doveano scoppiare nel medesimo momento, onde far volare per aria tutti coloro, che li custodivano, e che nello stesso tempo le soldatesche armate sarebbono entrate in città a trucidarvi tutti gli abitanti.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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Maonì Palermitani