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      Finse ancora di non sapere, e dissimulò che si fosse in Palermo affissa la scomunica già pubblicata in Roma contro il giudice della monarchia; e siccome questi intimorito dimandò di essere disgravato da questa pericolosa carica, egli clementemente glielo accordò, e scelse in di lui luogo uno ecclasiastico dotto, e pio, cui prescrisse i limiti della sua giurisdizione, e con diciannove articoli risecò gli abusi, che si erano [482] introdotti in quel tribunale, come si fa palese dal regolamento, che fu allora fatto. Finalmente fe calde premure agli arcivescovi, e vescovi, ch’erano restati nel regno, acciò facessero rilevare in Roma i disordini, che ad ora ad ora accadevano nella Sicilia, e affinchè suggerissero a S.S. i mezzi, ch’eglino credeano più opportuni, acciò ritornasse nelle chiese di essa la pace. I vescovi di Siracusa, e di Cefalù, inerendo alle sante intenzioni del sovrano, ne scrissero direttamente a Clemente XI, e l’arcivescovo di Palermo col vescovo di Mazara rappresentarono lo scompiglio, ch’era nell’isola, al segretario di stato; ma cantarono a’ morti: sordi il papa, e il cardinal Paulucci a’ ricorsi fatti, neppur degnarono di risposta le lettere de’ mentovati prelati.
      Vedendo il re Vittorio chiusa ogni strada alla pace per via di lettere, e desideroso tuttavia di riconciliarsi colla s. sede, spedì l’abate Barbara a Roma con progetti molto vantaggiosi, che il papa avrebbe dovuto accettare, per metter fine a questa briga. Questo inviato del re, trovandosi a’ confini di Roma, fu intimato a non metter piede in quella città sotto pena di essere scomunicato.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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