Perciò questo sovrano sotto li 5 di dicembre dello stesso anno spedì un dispaccio al marchese di Almenara, allora vicerè, dolendosi del breve di Benedetto, che tentava di abolire una prerogativa goduta senza opposizione da’ serenissimi re di Sicilia, ed ordinandogli che sostenesse l’apostolica legazia, e l’esercizio di essa nella stessa forma, in cui era sotto Carlo II re di Spagna suo zio, e senza avere riguardo a qualsisia persona, che vi si opponesse (2214).
      O che Benedetto XIII si fosse ricreduto del passo irregolare che dato avea, o che questo dispaccio dello imperadore, con cui addimostrava di volere ad ogni costo difendere questo privilegio, penetrato in Roma avesse disanimati i curiali di quella corte dal portare innanzi questa contesa, è fuor di ogni dubbio, che questo buon pontefice nel mese di marzo dell’anno 1727 aprì egli stesso all’augusto Carlo VI la via di riconciliazione: scrivendogli sotto il dì primo di esso mese, che destinasse persona in Roma, la quale in suo nome proponesse i mezzi per terminare pacificamente questa briga. Aderì volentieri Cesare alle insinuazioni pontificie, e destinò il cardinal Cienfuegos suo ministro, ed arcivescovo di Morreale, per trattare lo accordo fra la santa sede, e la monarchia di Sicilia. Fu dalla parte del papa eletto il cardinal Prospero Lambertini, vescovo allora di Ancona, che poi abbiamo veduto così gloriosamente sedere sulla cattedra di s. Pietro, per esaminare tutti i punti controversi intorno alla legazione apostolica, e per spianarne le difficoltà. Fecero questi due porporati diversi congressi fra di loro, ed appuntarono ciò che fosse d’uopo, per salvare i diritti della santa sede, e de’ serenissimi re di Sicilia.