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      Baciarono di poi la mano al re, prima eglino, e poi i nobili, ch’erano venuti da Palermo in loro compagnia, e collo stesso accompagnamento si resero alla casa di loro dimora, dove il duca suddetto trattò la nobiltà con un lautissimo desinare di novanta coperte.
      Non può dubitarsi, che i Messinesi siensi lusingati di vedere coronato questo monarca nella loro patria, e che abbiano fatta ogni pratica per ottenerlo. Se eglino ne fossero venuti a capo, certamente ne avrebbono trionfato, credendo così di aver vinto la gran lite, che hanno sempre suscitato, e suscitano tuttavia, sebbene senza profitto, intorno alla prerogativa di capitale, o per lo meno sarebbe loro riuscito d’interrompere il costante possesso, in cui è stata la città di Palermo, di coronare i suoi serenissimi re (2294). [545] Che che sia di ciò, egli è chiaro, che i Messinesi furono graziosamente accolti dallo amabile monarca (2295). Poichè ottennero eglino la conferma dell’abolizione delle quattro gabbelle, che avea loro concessa, come si è detto (2296), il vicerè conte di Montemar, fu loro accordato, che un’altra gabella, che si pagava sul vino, si levasse, e s’imponesse su’ grani, come si era da essi dimandato; ebbero anche la grazia, che il senato ritornasse nell’amministrazione delle rendite della città, aggiuntivi solo alcuni deputati, che insieme col senato curassero il patrimonio civico, e l’altra, che nel loro porto vi fosse scala franca. Sette ancora de’ loro principali cavalieri ottennero allora la chiave d’oro, e furono dichiarati gentiluomini di camera con esercizio.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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