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      Vuolsi che i comandanti, e gli uffiziali destinati alla custodia delle medesime non avessero usate tutte le precauzioni necessarie, per impedire che i Mori (nemici naturali dei Cristiani) che stavano alla catena, avessero modo di rivoltarsi. Qualunque ne sia stata la cagione, egli è certo che nell’atto, che doveasi imbarcare nel dì 16 del detto mese di agosto il reggimento Calabria, si sollevarono i Mori della galea s. Antonio, i quali buttando in mare i pochi soldati di marina, e i marinari che vi erano, presero le armi per sostenersi. La galea di s. Gennaro cercò di respingerli, ma la ciurma, negando la ubbidienza, impedì ogni azione. Intanto la galea, che si era ribellata, essendo gli schiavi in libertà, accostò, tagliate le gomene, allo arrambagio dell’altra, e dopo molto sangue le riuscì d’impossessarsene, e di tirarla seco, facendo vela verso l’Affrica. Molti degli uffiziali, e soldati vi restarono uccisi, ed altri si buttarono in mare per salvarsi. Eravi uno sciabecco palermitano, che avea condotto il reggimento di Mazara, ma prima che questo si armasse, e si provvedesse di truppe, le galee fuggitive aveano fatto tanto cammino, che non fu più modo di raggiungerle. Fu tosto avvisato il marchese Fogliani di questa disgrazia, ma qual rimedio potea egli arrecarvi? Ne restò dispiaciuto, e spedì tosto alla corte una feluga, per recarnele la trista novella.
      Meno dannoso, ma di più lunga durata fu l’altro fatto, che avvenne in Palermo. Monsignor Marcello Papiniano Cusani, arcivescovo di questa capitale, agli 11 di ottobre promulgò un severo editto intorno alle monache della sua diocesi.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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