Oltre l’isola dell’Ustica, di cui abbiamo favellato, era ancora uno de’ ricoveri per i pirati quella di Lampedusa. Fu perciò progettato dallo stesso vicerè, per la maggiore sicurezza del nostro commercio, che si togliesse a’ Mori questo altro asilo, popolandola, e fortificandola. Aderì a queste insinuazioni la corte, e nel mese di settembre di questo anno le galee di Napoli con alcuni sciabecchi furono spedite in detta isola, per visitarla, ed osservare se vi fossero i mezzi di popolarla, nel qual caso volea il re che vi si ergessero de’ forti per la sicurezza degli abitanti. Qual giudizio ne abbiano formato i comandanti destinati a questa visita, non è arrivato alla nostra cognizione; ma dal vedere che questo progetto svanì, sospettiamo a ragione, che fu trovata scomoda quella isola per essere abitata.
      Comunque il ridetto vicerè amasse di tener lieto il regno, e di promuovere quei piaceri sociali, che non erano dannosi, era nondimeno costante a proscrivere quelli, che recavano il menomo pregiudizio al bene delle famiglie. Si era introdotto in tutte le classi il gusto de’ giuochi d’invito, detti di parata, per cui molti rovinavansi, e consumavano i loro averi. Egli avea più volte raccomandato a’ ministri, che facessero osservare le antiche prammatiche intorno a’ giuochi; ma quando vide che nonostante continuava la inosservanza delle medesime, volle ravvivarle con un suo bando, che fe promulgare a’ 3 di novembre, in cui richiamando gli ordini antecedenti, e le pene stabilite ne’ medesimi, proibì codesti giuochi, come nocivi al bene delle famiglie, e perniciosi conseguentemente allo stato, ed ordinò a’ ministri, a’ quali appartiene, d’invigilare con ogni rigore che le dette leggi fossero puntualmente eseguite.