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      Queste disposizioni date dal vicerè per farsi forte nel regio palagio, allarmarono la plebe, cui non erano ignote, nè poteano essere; giacchè per trasferirsi dal castello l’artiglieria, e le munizioni da guerra, era di mestieri di avvalersi di carretti, e di animali da trasporto, e bisognava adoprare a questo lavoro de’ carrettai, i quali si negarono, credendo di tradire la patria, ed avvisarono i loro compagni de’ preparamenti, che faceansi nell’abitazione del vicerè. Si divulgò dunque la notte istessa che il Fogliani volea mettere a suolo la città, e colle truppe, che a momenti aspettava dal regno, far mano bassa sopra tutti i cittadini. Si accrebbero questi sospetti dal vedersi la notte rondare, e scendere sino alla piazza Vigliena de’ drappelli di granatieri distaccati dal palagio (2508). [637] La sinderesi de’ commessi delitti, il timore delle truppe agguerrite, e le tenebre della notte, che sogliono accrescere lo spavento, fecero credere alla ingannata plebe che fosse per essere certa, e irrimediabile la vicina loro rovina; e siccome ne’ casi estremi si credono necessarie violente risoluzioni, così mossa da disperazione, si determinò di prevenire, anzichè arrivassero le chiamate soldatesche, e di compiere la sollevazione contro il vicerè.
      Allo spuntare del dì 20 di settembre (giorno memorabile, non meno per quel che avvenne, che per la morte del principe del Cassero pretore, che finì di vivere sulle ore undici della mattina), cominciarono a comparire armati per la città, non già i soli mascalzoni della plebe, ed i ragazzi, come si erano veduti nel giorno antecedente, ma gli artigiani, e i loro lavoranti, i quali stavano divisi in varie parti della città, sotto gli ordini de’ loro consoli, pronti sempre a sollevarsi, subito che ne avessero avuto un cenno (2509). I consoli prima di levarsi la maschera, lasciando i loro tenenti, o consiglieri alla testa degli artisti, si recarono allo arcivescovado, e dimandarono, se il vicerè avea mandato il bastone del comando a monsignore, e se era venuta la compagnia de’ soldati a far la guardia (2510). Vedendo che nulla si era fatto, salirono le scale, e presentatisi al prelato si dolsero, che non si erano eseguiti i patti fatti col principe di Cutò. Il Filangeri, trovandosi in questo imbarazzo, cercò tutti i modi per indurli alla quiete, e li pregò a non pensare a sè, essendo una strana follia il discacciare colui, che stava a nome del re, e più strana il voler dargli un successore.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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