Mentre queste lettere andavano, e la città cominciava a calmarsi (2523), il buon duca Fogliani solcava il mare, irrisoluto a qual partito dovesse appigliarsi. Erasi egli fermato alquanto presso Cefalù, per lasciar fare le provigioni necessarie al viaggio, di cui la barca, che lo portava, era affatto priva. Cammin facendo questa nave s’incontrò vicino a capo di Orlando con una feluga, che portava il maresciallo Claudio Florimondo de Yauch colonnello degli svizzeri, che veniva a comandare le armi in Palermo. Fu da questi consigliato il vicerè di andare a Messina, e dal medesimo accompagnato vi arrivò a’ 26 dello stesso mese. Quali sieno state le accoglienze fatte da quei cittadini al fuggitivo duca Fogliani, può di leggieri ciascuno immaginarselo. La voce del sentimento, che ci muove a compassione nelle disgrazie altrui, e l’antica emulazione fra le due sorelle, Messina, e Palermo, erano bastanti stimoli ad accoglierlo con tenerezza, e con trasporti di gioia. Non volle egli far residenza nel regio palagio, ma si trattenne in una casina di campagna del principe di Villafranca presso il convento di s. Francesco di Paola.
      Riposatosi alquanto dalle sofferte traversie, spedì le circolari per tutto il regno, dando conto di avere scelto per sua abitazione quella città, e intanto ordinò a Sigismondo Michelli suo segretario, che si portasse ivi cogli uffiziali della segretaria. Questi si scusò dallo andarvi, ma gli mandò gli uffiziali secondarî. Lo arrivo del duca Fogliani in Messina, e l’essersi egli rimesso nello esercizio della sua carica, apportava nel regno la confusione, ignorandosi a chi si dovesse ubbidire.