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      Questa è una delle mie primissime impressioni. Questa, e il sentimento che entrambi avevamo un po’ paura di Peggotty, e che ci sottomettevamo quasi in tutto a lei, furono fra le prime opinioni – se m’è lecito chiamarle così – che io mai derivassi da ciò che vedevo.
      Una sera io e Peggotty sedevamo soli accanto al fuoco nel salotto, e io avevo letto a Peggotty qualche cosa che trattava di coccodrilli. Non avevo letto forse con molta chiarezza, o la poverina forse era molto distratta, perché ricordo che le era rimasta, dopo la mia lettura, una molto vaga impressione, e credeva ch’essi fossero una specie di legumi. Ero stanco di leggere, e assonnato a morte; ma avendo il permesso, come un prezioso regalo, di stare in piedi finché mia madre non fosse rientrata dall’ aver passato la sera da una vicina, sarei piuttosto morto al mio posto (naturalmente) che andato a letto. Ero arrivato a quel grado di sonnolenza che mi faceva veder Peggotty gonfiarsi e diventare immensamente grande. Cercavo di sostenermi le palpebre con le dita e la fissavo, con insistenza mentre essa era occupata a lavorare; fissavo il moccolo di cera, che le serviva per il filo – come pareva vecchio, con tante grinze per tutti i versi! – fissavo la casettina con un tetto di paglia dove abitava la fettuccia della misura; la scatola da lavoro col coperchio che andava innanzi e indietro, e la veduta della cattedrale di San Paolo (con una cupola rosea dipinta al di sopra); il ditale di ottone che aveva al dito; lei stessa, che io giudicavo graziosa.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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