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      Anche ora, se veggo le lettere grasse e nere del sillabario, la straordinaria novità delle loro forme, e la fisionomia facile e quasi gioviale dell’O, del Q e dell’S, mi par di rivederle sotto lo stesso aspetto d’una volta, e non mi destano alcun sentimento di disgusto o di riluttanza. Anzi, mi sembra di aver camminato su un sentiero di fiori fino al libro dei coccodrilli, e d’esser stato allietato per tutto il viaggio dalla gentilezza della voce e delle maniere di mia madre. Ma le lezioni solenni che seguirono a quelle prime, le rammento come un colpo mortale assestato alla mia pace, e come un grave quotidiano tormento e un’angoscia. Erano lunghissime, numerosissime, difficilissime – alcune assolutamente inintelligibili – e tali da sconvolgermi interamente, come credo sconvolgessero la mia povera madre.
      Che io ricordi come m’erano impartite, rievocando una di quelle mattine.
      Mi presento nel salotto, dopo la colazione, coi libri, un quaderno d’esercizi e una lavagnetta. Mia madre m’attende allo scrittoio, ma non con la stessa aria del signor Murdstone seduto nella poltrona accanto alla finestra (benché finga di leggere un libro) o della signorina Murdstone, seduta accanto a mia madre e occupata a infilzare delle perline d’acciaio. La semplice vista di quei due ha tale potere su di me, che comincio a sentire le parole, che con infinita fatica mi son cacciate in testa, dileguar tutte e andarsene non so dove. Anzi, dove mai vanno a nascondersi?
      Metto un primo libro nelle mani di mia madre.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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