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      Questi pensieri, e un centinaio d’altri simili, mi diedero una specie di febbre e mi riempirono di sgomento. Ero più che mai sbigottito, quando entrò un uomo e bisbigliò qualche cosa all’impiegato, il quale subito mi trasse dalla bilancia, facendola pendere da una parte, e mi spinse verso di lui, come se fossi stato pesato, comprato, consegnato e pagato.
      Uscendo dall’ufficio, con la mano nella mano di quella mia nuova conoscenza, le diedi furtivamente uno sguardo. Era un giovane magro e sparuto, con le guance infossate e un mento nero quasi come quello del signor Murdstone; ma la rassomiglianza non andava più oltre, perché era senza fedine, e, i capelli, invece di lucenti, li aveva rugginosi e secchi. Portava un vestito, nero anch’esso, piuttosto rugginoso e secco, corto di maniche e di gambe, e una cravatta che non era molto pulita. Non credetti allora, e non credo ora, che quella cravatta fosse tutta la biancheria che egli aveva addosso, ma ne era l’unico campione visibile.
      – Voi siete il ragazzo nuovo? – mi disse.
      – Sì, signore – risposi.
      Supposi d’esserlo, ma non lo sapevo.
      – Io sono uno degli insegnanti di Salem House – egli disse.
      Gli feci un inchino, e mi sentii molto sgomento. Provavo tanta vergogna di parlare di un oggetto così volgare quale un baule a un dotto insegnante di Salem House, che ci eravamo allontanati alquanto dal cortile della diligenza prima che avessi l’ardire di ricordargli il mio. Tornammo indietro, dopo che umilmente ebbi affacciato l’idea che in appresso avrebbe potuto essermi utile; ed egli disse all’impiegato che il vetturale era incaricato d’andare a pigliarlo a mezzogiorno.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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