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      Appresi che la birra da tavola era un furto fatto ai parenti e il budino una tirannia. Appresi che la signorina Creakle era creduta, dalla scuola in generale, innamorata di Steerforth; e a me, stando così al buio, e pensando all’amorosa voce di Steerforth, e al suo bel volto, e alle sue maniere, e ai suoi capelli ricci, la cosa parve assai probabile. Appresi che il signor Mell veramente non era cattivo, ma non aveva tanto da comprarsi una corda per impiccarsi, e che non vi era dubbio alcuno che la vecchia Mell, sua madre, fosse povera come Giobbe. Allora pensai alla mia colazione e a quelle parole ch’ella mi pareva avesse detto: «Carletto mio!»; ma me ne stetti, per questo capo, son lieto di ricordarlo, muto come un pesce.
      La narrazione di tutte queste cose, e di tante altre ancora, protrasse per qualche tempo il festino. La maggior parte degli invitati s’erano messi a letto, non appena finito il mangiare e il bere, e anche noi, che eravamo rimasti a bisbigliare e ad ascoltare seminudi, finalmente ci coricammo.
      – Buona sera, piccolo Copperfield – disse Steerforth. – Io avrò cura di te.
      – Tu sei molto gentile – risposi con gratitudine – e te ne sono davvero riconoscente.
      – Non hai una sorella, tu? – disse Steerforth, sbadigliando.
      – No – risposi.
      – Peccato – disse Steerforth. – Se tu l’avessi avuta, credo che sarebbe stata una bella fanciulla, timida, piccola, dagli occhi lucenti. Mi sarebbe piaciuto conoscerla. Buona sera, piccolo Copperfield.
      – Buona sera – risposi.
      Dopo essermi coricato, pensai molto a lui, e mi sollevai, ricordo, per vederlo dormire nel chiarore della luna, col bel volto in su e la testa reclinata bellamente sul braccio.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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