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      Ma già ero arrivato; presto fin a casa, dove i vecchi nudi olmi torcevano le loro molteplici braccia alla grigia aria invernale, e le reliquie dei vecchi nidi di cornacchie si libravano al vento.
      Il vetturale depose il mio baule al cancello del giardino, e mi lasciò. Io mi diressi per il viale a casa, guardando le finestre, e temendo a ogni passo di veder apparire qua o là dietro i vetri le mutrie del signor Murdstone o della signorina Murdstone. Ma non vidi nessuno; e arrivato sulla soglia, e sapendo come si apriva la porta, di giorno, senza picchiare, entrai con tacito e timido passo.
      Dio sa come fosse viva e tenace la mia memoria, se mi fu ridestata dal suono della voce di mia madre nell’antico salotto, nel momento che misi piede nell’atrio. Ella canterellava a voce bassa. Quando ero bambino nelle sue braccia aveva dovuto cantar così, cullandomi. Le parole mi sonavano nuove, e pure erano così vecchie che mi colmarono il cuore da farlo traboccare; come un amico che ritorna dopo una lunga assenza.
      Credetti, dalla maniera pensosa e raccolta con cui mia madre mormorava la canzone, che essa fosse sola. Ed entrai pianamente nella stanza. Sedeva accanto al fuoco, allattando un bambino, la cui minuscola mano si teneva contro il collo. Cantando, fissava gli occhi in quel visino. Avevo ragione, con lei non c’era nessuno.
      La chiamai, ed essa diede un balzo e cacciò un grido. Ma vedendomi mi chiamò il suo caro Davy, il «caro figlio suo!», e venendo quasi in mezzo alla stanza per incontrarmi, s’inginocchiò sul pavimento e mi baciò, e mi tenne la testa sul seno accanto alla creaturina che già v’era annidata, e me ne diede la manina a baciare.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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