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      Suo fratello prendeva a volte un libro, ma non leggeva. Lo apriva e lo guardava come se lo leggesse, ma se ne stava per un’ora senza voltar la pagina, e poi lo deponeva, mettendosi a passeggiare innanzi e indietro per la stanza. Io me ne stetti con le mani incrociate a osservarlo, a contargli i passi, per ore ed ore. Parlò di rado a lei, non Una volta a me. Nell’intera casa immobile, egli era, oltre gli orologi, l’unica cosa irrequieta.
      In quei giorni prima del funerale vidi poco Peggotty, e quando andavo su o giù per le scale la trovavo accanto alla stanza dove riposavano mia madre e il mio fratellino, e la sera veniva da me, e si sedeva da presso al mio guanciale mentre mi addormentavo. Un giorno o due prima del funerale – credo che fosse un giorno o due prima, ma ho la mente confusa intorno a quel triste periodo, che non fu contrassegnato da null’altro che dal mio dolore – ella mi condusse nella stanza di mia madre. Ricordo soltanto che a me parve che sotto una bianca coltre, con una soave freschezza e una gran nitidezza intorno, fosse impersonata la calma solenne dell’intera casa, e che quando ella accennò gentilmente a sollevar la coltre, io gridai: «Oh, no! Oh, no!», e le trattenni la mano.
      Se il funerale fosse stato celebrato ieri, non potrei ricordarlo più distintamente. Non mi sfugge nulla: l’aria stessa del salotto di cerimonia, allorché ne varcai la soglia, lo splendore del fuoco, il vino che luceva nelle bottiglie, la forma dei bicchieri, i disegni dei piatti, l’odor tenue della torta, il profumo della veste della signorina Murdstone, e i nostri abiti neri.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Peggotty Murdstone