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      Uno era sempre occupato a sorbire un rinfresco.
      V’erano altri due bambini; il signorino Micawber, di circa quattro anni, e la signorina Micawber di circa tre. Questi, e una servetta di color bruno, che aveva il vizio di sbuffar col naso, come i cavalli, e m’informò, dopo mezz’ora, che era orfana ed era uscita dal vicino ospizio di San Luca, completavano la famiglia. La mia camera era di sopra, al di dietro, piccola, molto poveramente arredata e parata di certa carta che rappresentava alla mia immaginazione infantile una gran quantità di ciambelle azzurre.
      – Non pensavo mai – disse la signora Micawber, dopo esser salita su, gemello e tutto, a mostrarmi la camera, e sedendosi per riprender fiato – non pensavo mai prima di maritarmi, quando ero con papà e mamma, che un giorno avrei dovuto appigionare delle camere in casa mia. Ma mio marito è adesso in condizioni difficili, e ogni considerazione del nostro sentimento intimo si deve far tacere.
      Io dissi:
      – Sì, signora.
      – Proprio ora le difficoltà in cui si dibatte mio marito sono enormi, e non so se gli sarà possibile superarle. Quando ero a casa mia con papà e mamma, avrei difficilmente capito che significasse difficoltà, nel senso in cui ora l’adopero; ma «experientia» ci insegna... come usava dire papà.
      Non ricordo bene se mi dicesse che il signor Micawber era ex-ufficiale o impiegato della Marina, o se me lo immaginassi io. So soltanto che ora io credo, senza saper perché, che egli una volta fosse in Marina. Allora era piazzista per varie ditte; ma temo che si desse poco o nulla da fare.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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