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      D’andare a trovare in campagna, in un modo o nell’altro, la sola parente ch’io avessi al mondo, e narrare la mia storia a mia zia, la vecchia signora Betsey.
      Ho già osservato che non so come questa idea mi entrasse in mente. Ma, una volta entrata, vi rimase; e si concretò in un proposito d’una fermezza tale che in vita mia non ne ho mai conosciuto uno eguale. Non son certo se vi vedessi qualche speranza; ma ero incrollabilmente deciso a metterlo in esecuzione.
      Dalla notte che prima m’era venuta l’idea fugandomi il sonno, non avevo fatto che pensare continuamente, centinaia e centinaia di volte, alla vecchia storia che m’aveva narrata la mia povera mamma intorno alla mia nascita, storia che aveva formato la delizia della mia infanzia e che io sapevo a memoria. In essa mia zia entrava e usciva, come un minaccioso e terribile personaggio; ma v’era un piccolo particolare nella sua condotta sul quale m’indugiavo con compiacenza e che mi dava un barlume di speranza. Non potevo dimenticare come mia madre avesse creduto di sentirsi toccar da lei i capelli con mano delicata; e benché la cosa potesse essere effetto dell’immaginazione di mia madre e mancar d’una qualsiasi base di realtà, mi figuravo l’effigie della mia terribile zia che s’inteneriva per quella giovine beltà che io ricordavo con tanta vivezza, e che amavo tanto. Questo serviva a rammorbidire e a dare un altro carattere alla cosa. È probabile che questo particolare avesse covato nella mia mente a lungo, generando gradatamente la mia risoluzione.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Betsey