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      Nella urgente necessità in cui mi trovavo, però, dissi che, se egli avesse voluto, avrei accettato la lira. Dolloby, non senza aggiungervi qualche brontolìo, mi contò la lira. Gli augurai la buona sera, e me ne uscii più ricco di una lira, e più povero d’una sottoveste: circostanza poco grave, dopo che mi fui abbottonata la giacca.
      Veramente, prevedevo chiaramente che essa avrebbe seguito la sottoveste, e che avrei dovuto fare la maggior parte del viaggio per Dover con la sola camicia e i calzoni: avrei dovuto, anzi, ritenermi fortunato, se fossi arrivato almeno in quell’acconciatura. Ma di questo non m’importava gran che, come è facile immaginare. Oltre un’impressione generale della distanza che avevo da percorrere, e del crudele trattamento usatomi dal giovane carrettiere, credo non avessi, allorché mi rimisi in viaggio con la lira in tasca, un’idea molto precisa di tutte le mie difficoltà.
      Avevo pensato intanto al modo di passar la notte, e mi disponevo a metterlo in atto: sdraiarmi, cioè, dietro il muro del mio antico convitto, in un angolo dove soleva esserci un pagliaio. Mi sembrava che fosse una specie di compagnia trovarmi così, là presso ai miei compagni e al dormitorio, dove avevo narrato tante storie, benché i miei compagni non ne sapessero nulla e il dormitorio ancora meno.
      La giornata era stata faticosissima, mi sentivo stanco morto, quando arrivai finalmente all’altezza di Blackheath. Non mi fu facile scoprire Salem House; ma lo trovai, e trovai il pagliaio in un angolo.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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