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      Abiti vecchi da marinaio, che pareva traboccassero dalla bottega, erano sciorinati sulla siepe del campo d’ortiche e s’agitavano al vento fra culle sgangherate, fucili sconnessi, cappelli di tela incerata e certi vassoi pieni di tante vecchie chiavi arrugginite di tutte le dimensioni, che pensai si potessero aprire con esse tutte le porte del mondo.
      Col cuore che mi martellava, scendendo alcuni gradini, entrai nella bottega bassa e piccola, oscurata piuttosto che illuminata da un finestrino e piena di vestiti penzoloni dal soffitto. Mi sentii perduto quando un brutto vecchio, dalla chioma grigia e scarmigliata, s’avventò da una sudicia tana nel fondo, e mi afferrò per i capelli. Era un vecchio che faceva paura, con una sottoveste di flanella lurida, e con un fortissimo odore di rhum. Il suo letto, coperto di una coltre di tutti i colori, lacera e rappezzata, stava nella tana dond’egli era uscito, e dove un secondo finestrino mostrava lo spettacolo di altre ortiche e d’un asino zoppo.
      – Che vuoi? – sogghignò il vecchio, con un lamento, monotono e selvaggio. – Oh, gli occhi e la schiena, che vuoi? Oh, i polmoni e il fegato, che vuoi? Oh, gorù, gorù!
      Fui così sgomento da queste parole, e specialmente dalla ripetizione dell’ultima, di cui non sapevo il senso e che gli faceva in gola una specie di rantolo, che non potei risponder nulla; e il vecchio, tenendomi ancora per i capelli ripeteva:
      – Oh, che vuoi? Oh, gli occhi e la schiena, che vuoi? Oh, i polmoni e il fegato, che vuoi? Oh, gorù, gorù! – svellendo dalla gola quella parola insensata con un’energia che gli faceva uscir gli occhi dalla testa.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261