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      – esclamò vivamente mia zia. – Come parla! Non lo so forse che non sarebbe fuggita? Ella sarebbe vissuta con la sua madrina, e ci saremmo volute tanto bene. Fammi il piacere, donde mai sarebbe potuta fuggire sua sorella, Betsey Trotwood, e dove sarebbe andata?
      – In nessuna parte – disse il signor Dick.
      – Bene, vedi – rispose mia zia, rammorbidendosi per quella risposta – come puoi fingere di non capire, quando sei più acuto del ferro d’un chirurgo? Ora, ecco qui il giovane Davide Copperfield, e la domanda che ti faccio è questa: Che posso far di lui?
      – Che far di lui – disse il signor Dick, timidamente, grattandosi la testa. – Che far di lui?
      – Sì – disse, mia zia, con uno sguardo grave; e l’indice levato. – Su, voglio un buon consiglio.
      – Ebbene, se fossi in voi – disse il signor Dick, pensoso, e fissandomi in viso uno sguardo distratto – io, io... – La contemplazione della mia persona parve gli ispirasse un’idea luminosa, ed egli aggiunse con vivacità:
      – Lo laverei!
      – Giannina – disse mia zia con tranquilla aria di trionfo, che allora non compresi: – Dick ha perfettamente ragione. Metti a scaldare l’acqua per il bagno.
      Benché fossi profondamente interessato in questo dialogo, non potevo fare a meno dall’osservare mia zia, il signor Dick e Giannina, nel frattempo, e finire l’esame della stanza già incominciato.
      Mia zia era una donna alta, dai lineamenti duri, ma per nulla affatto spiacevoli. V’era nel suo viso, nella sua voce, nel suo contegno e nel suo portamento un’inflessibilità che giustificava ampiamente l’impressione da lei fatta su un essere gentile come mia madre; ma le sue fattezze erano più belle che brutte, benché rigide e austere.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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