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      »: cosa che non mi lasciava l’animo tranquillo.
      Tolta la tovaglia, e messa sulla tavola una bottiglia di vino di Xères (della quale ebbi un bicchiere), mia zia mandò di nuovo a chiamare il signor Dick, che venne subito, e assunse la maggiore gravità possibile quando gli fu detto di stare attento alla mia storia, che mia zia mi fece narrare gradatamente, con una serie di accorte domande. Durante il mio racconto, ella tenne sempre gli occhi fissi sul signor Dick, che, altrimenti, credo, sarebbe andato volentieri a letto, e che, quando tentava di sorridere, era tenuto a freno da un aggrottamento di ciglia di mia zia.
      – Non arrivo a comprendere che diavolo accecasse mai quella povera disgraziata piccina per maritarsi una seconda volta – disse mia zia, quand’ebbi finito.
      – Forse s’innamorò del suo secondo marito – suggerì il signor Dick.
      – Innamorarsi! – esclamò mia zia. – Che intendi dire? Perché doveva innamorarsene?
      – Forse – sorrise il signor Dick, dopo aver pensato un poco – forse le piaceva.
      – Le piaceva proprio! – rispose mia zia. – Un bel piacere per quella povera piccina giurar la sua fede a una specie di bruto, che doveva sicuramente maltrattarla. Sarei proprio curiosa di sapere che si proponesse di fare! S’era maritata una volta. Aveva visto andarsene via da questo mondo Davide Copperfield, che fin dalla culla era corso sempre dietro alle bambole di cera. Aveva avuto un bambino... oh, quella notte di venerdì, quando ella diede alla luce il ragazzo qui presente, i bambini erano due.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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