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      Spero ch’egli le dia una lezione da ricordarsene per un pezzo.
      Non sopportando che la mia cara governante fosse così denigrata e fatta oggetto d’un augurio simile, dissi a mia zia che veramente s’ingannava. Che Peggotty era l’amica e la serva migliore, la più sincera, la più fedele, la più devota, la più piena d’abnegazione; che essa mi aveva voluto tanto bene, che aveva voluto tanto bene a mia madre; che aveva tenuto la testa di mia madre moribonda sul suo braccio, e che sul viso di lei mia madre aveva impresso il suo ultimo bacio di gratitudine. E improvvisamente, intenerito dal ricordo di ambedue, ruppi in singhiozzi, mentre tentavo di dire che la casa di lei era la mia, e che io sarei andato da lei a cercare un ricetto, se non l’avessi conosciuta povera, e non avessi temuto di portarle un aggravio – ma non potei andare innanzi nel dir così, e mi nascosi la faccia nelle mani.
      – Bene, bene! – disse mia zia – il ragazzo ha ragione di difendere quelli che lo hanno difeso... Giannina! Gli asini!
      Son profondamente convinto che se non fossero stati quei maledetti asini, ci saremmo compresi a meraviglia; perché mia zia mi aveva messo una mano sulla spalla, e, con quell’incoraggiamento, ero lì lì per ubbidire all’impulso di baciarla e di supplicarla di non abbandonarmi. Ma l’interruzione e lo sconvolgimento, in cui la gettò la mischia al di fuori, le fecero mettere per quel momento da banda ogni idea di tenerezza, perché ella si sentì spinta ad annunziar indignata al signor Dick il suo proposito di domandare la riforma delle leggi del paese e di trascinare in tribunale per violazione di confini tutti i proprietari d’asini di Dover; e la declamazione durò fino all’ora del tè.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Peggotty Dick Dover