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      La camera era bella, in alto e in vista del mare, illuminata allora dalla luna. Ricordo come, dopo aver detto le mie preghiere, spentasi la candela, rimanessi a contemplare la luce della luna sull’acqua, quasi sperassi di potervi leggere la mia fortuna, come in un libro radioso; o di veder mia madre col suo bambino scender dal cielo, lungo quella fulgida strada, a guardarmi come m’aveva guardato l’ultima volta che avevo contemplato il suo volto soave. Ricordo come il sentimento solenne, col quale finalmente volsi gli occhi, cedesse, alla vista del letto dalle cortine candide, a un senso di gratitudine e di riposo, che fu più soave quando mi sentii morbidamenteannidato nelle lenzuola fragranti e nivee. Ricordo che pensai a tutti i luoghi solitari che mi avevan visto dormire sotto il cielo stellato, e che pregai il Signore perché non mi facesse più trovare senza tetto e non mi facesse dimenticare i senza tetto. Ricordo, poi, che mi parve di salire aleggiando, su da mare per quel melanconico splendore della luna, via nel mondo dei sogni.
     
     
      XIV.
      MIA ZIA SI RISOLVE
     
      La mattina, nella stanza da pranzo, innanzi alla tavola della colazione, trovai mia zia puntata col gomito sul vassoio, e così profondamente assorta, che il contenuto della teiera era traboccato, passando per il colino, e inondava la tovaglia. Il mio ingresso mise subito le sue meditazioni in fuga. Convinto d’esser stato io il soggetto dei suoi pensieri, sentivo la più viva ansia di conoscere che cosa avesse risoluto a mio riguardo; ma per paura d’offenderla non osai di domandarle nulla.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261