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      – Gliel’ho detto – disse mia zia, con un cenno del capo.
      – Do... dovrò ri... ritornare con lui? – balbettai.
      – Non so – disse mia zia – vedremo.
      – Oh! Non so che farei – esclamai – se dovessi ritornare col signor Murdstone.
      – Non so nulla di nulla – disse mia zia scotendo il capo. – Ora, certo, non so dirti nulla. Vedremo.
      Mi sentii mancare a quelle parole, e tacqui assai sconfortato e depresso. Mia zia, senza mostrar di curarsi gran fatto di me, si mise un rozzo grembiule a baveruola, che aveva tratto dall’armadio; lavò lei stessa le tazze; e quando le ebbe lavate e rimesse sul vassoio, ed ebbe ripiegata la tovaglia sulle tazze, chiamò col campanello Giannina per far portar via tutto. Raspò poi le briciole con uno spazzolino (dopo essersi infilata un paio di guanti), finché non vide il tappeto mondo da ogni minuzia anche microscopica; poi spolverò e riassettò la stanza, che era già spolverata e riassettata con la massima diligenza. Quando tutto le parve soddisfacente, si tolse i guanti e il grembiule, li piegò, li ripose nell’angolo particolare dell’armadio dal quale li aveva tratti, prese e portò la sua cassetta da lavoro sul tavolino accanto alla finestra, e si sedette dietro la ventola verde a lavorare.
      – Vorrei che tu andassi su – disse zia mentre infilava l’ago – a dare i miei saluti a Dick, e a dirgli che mi piacerebbe sapere dov’è arrivato col suo memoriale.
      Mi levai con la maggior sveltezza per eseguire l’incarico.
      – Immagino – disse mia zia, guardandomi con la stessa intensità di quando aveva mirato l’ago per infilarlo – che tu pensi che Dick sia un nome troppo corto?


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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