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      – Finché sarai contento di star qui, ci starai. – E mi strinse la mano, e mi batté sulla spalla, e mi disse che la sera, dopo che Agnese si fosse ritirata, sarei potuto andare, avendo da far qualche cosa o desiderando legger per mio diletto, o semplicemente avendo bisogno di compagnia, liberamente giù nella sua stanza. Lo ringraziai per la sua benevolenza; e siccome egli si recava da basso subito dopo, ed io non ero stanco, andai giù anch’io con un libro in mano, ad approfittare, per una mezz’ oretta, del suo permesso.
      Ma, vedendo un lume nella stanzetta tonda, e sentendomi immediatamente attratto verso Uriah Heep, che esercitava su di me una specie di fascino, andai colà invece. Trovai Uriah sprofondato in un grosso volume e in apparenza così assorto, da seguire con lo scarno indice della destra ogni riga da leggere, lasciando delle tracce d’umido sulla pagina (n’ero vivamente convinto) come una lumaca.
      – Così tardi stasera lavorate? – io dico.
      – Sì, signorino Copperfield – dice Uriah.
      Salendo sull’alto sgabellino di contro, per parlargli con più agio, notai ch’egli non aveva qualcosa che somigliasse alla forma d’un sorriso: soltanto, per farne le veci, poteva allargare la bocca e scavar due grosse grinze sulle guance, una per lato.
      – Non lavoro per l’ufficio, signorino Copperfield – aggiunse Uriah.
      – E a che lavorate, allora? – chiesi.
      – Cerco d’approfondire le mie cognizioni legali, signorino Copperfield – disse Uriah. – Studio la pratica di Tidd. Oh, che scrittore è Tidd, signorino Copperfield!


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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