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      Pronto finalmente per uscire, mi chiese se m’avrebbe disturbato spegnendo il lume, e alla mia risposta «no», immediatamente lo spense. Dopo avermi strette le dita – al buio, la sua mano dava la sensazione d’un pesce – socchiuse appena la porta di strada, ne sgusciò fuori, e la chiuse, lasciandomi a indovinar la mia strada a tentoni: cosa che mi costò molta fatica e una caduta contro il suo sgabello. Per ciò, forse, me lo sognai metà della notte: sognai, fra l’altro, che egli avesse varato la casa del signor Peggotty e l’avesse lanciata in una spedizione di pirati, con una bandiera nera all’albero maestro e l’iscrizione: «La Pratica di Tidd». Sotto quest’insegna diabolica egli portava l’Emilietta e me ad annegare nei mari di Spagna.
      Il giorno dopo, andando a scuola, avevo perso un po’ del mio impaccio, e molto più il giorno seguente, e così via gradatamente, tanto che in una quindicina di giorni mi sentii perfettamente ad agio, e felice, fra i miei nuovi compagni. Ero ancora maldestro nei giuochi, e indietro negli studi; ma la pratica mi avrebbe fatto progredire nei giuochi e il lavoro assiduo negli studi. Così, mi misi a giocare con attenzione e a studiare con una grande volontà, e me ne vennero gran lodi. E, in poco tempo, il periodo Murdstone e Grinby mi parve così estraneo e remoto che appena ci credevo più; mentre la nuova vita mi diventò così familiare, che mi parve non ne avessi mai condotta una diversa.
      Quella del dottor Strong era un’ottima scuola; diversa da quella del signor Creakle come il bene dal male.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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