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      – Già sapevo che avresti detto così, mamma – disse Uriah.
      – Se per qualche ragione avessi potuto augurare a tuo padre d’essere ancora al mondo, sarebbe stato per far godere stasera anche lui di questa bella compagnia.
      Mi sentivo confuso di tutti questi complimenti; ma comprendevo anche di esser onorato come un ospite di gran conto, e giudicai la signora Heep una degnissima donna.
      – Il mio Uriah – disse la signora Heep – ha sperato tanto questo onore. Ma temeva chela nostra umiltà glielo ostacolasse. Anch’io temevo lo stesso. Noi siamo modesti, siamo stati modesti; e saremo modesti – disse la signora Heep.
      – Non c’è ragione d’esserlo, signora – dissi – salvo che non sia per vostro piacere.
      – Grazie, signore – rispose la signora Heep – noi conosciamo il nostro posto, e ne siamo contenti.
      La signora Heep gradatamente mi s’avvicinò, e Uriah gradatamente mi si sedette dirimpetto, ed entrambi m’assediarono rispettosamente coi più scelti fra i cibi disposti sulla mensa. Certo, non v’era nulla di particolarmente scelto; ma valutai l’intenzione, e fui loro grato di quelle attenzioni. Presto cominciammo a parlar di zie, e io parlai loro della mia; e la signora Heep cominciò a parlar di padrigni, e io incominciai a parlar del mio; ma mi fermai, perché mia zia mi aveva avvertito di tacere su simile soggetto. Un piccolo e tenero turacciolo avrebbe avuto molto più probabilità di resistere contro un paio di cavaturaccioli, o un tenero dente da latte contro due dentisti, o un piccolo volante contro due racchette, di quante ne avessi io contro Uriah e la signora Heep.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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