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      Tutto è finito. La devozione di tutta una vita – mi sembra tutta una vita, ed è come se fosse – si dilegua: la signorina esce dal libro di preghiere, e la Famiglia Reale non ha più nulla da fare con lei...
      Io sono più innanzi in iscuola, e nessuno più m’infastidisce. Non ho più alcuna specie di riguardo per le allieve delle signorine Nettingall, e non farneticherei più per nessuna di esse, anche se fossero due volte tanto e venti volte più belle. Considero la scuola di ballo una seccatura, e mi domando perché le ragazze non ballino da sole lasciandoci in pace. Divento forte nella poesia latina e trascuro d’allacciarmi le scarpe. Il signor Strong parla di me in pubblico come d’un giovane di grandi speranze. Il signor Dick è pazzo di gioia, e mia zia mi manda una ghinea a volta di corriere.
      Ecco si leva l’ombra d’un giovane macellaio, come l’apparizione della testa armata d’elmo nel Macbeth. Chi è mai questo giovane macellaio? È il terrore della gioventù di Canterbury. Corre vagamente la voce che il grasso di bue col quale si unge i capelli gli dia una forza soprannaturale, e ch’egli potrebbe lottare contro un uomo. È un giovane macellaio dalla faccia larga, dal collo di toro, d’un rosso violento alle guance, dall’anima violenta, dalla lingua ingiuriosa. Una lingua che egli usa principalmente per dir male di tutti i signorini allievi del dottor Strong. Va dicendo pubblicamente che se essi hanno bisogno di qualche cosa, lui è disposto a servirli. Ne nomina alcuni, me fra gli altri, che metterebbe a posto con una mano sola, facendosi legare l’altra alla schiena.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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