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      Si chiuse con un incidente che ricordo benissimo. Si congedavano l’una dall’altra, e Agnese era sul punto di abbracciare e di baciare l’amica, quando il signor Wickfield s’infilò fra esse come per caso, e si trasse Agnese rapidamente via. Allora, come se fossi ancora sull’ingresso la sera della partenza di Jack Maldon, e tutto quel lasso di tempo fosse a un tratto abolito, vidi nel volto della signora Strong, che guardava il signor Wickfield, la stessa espressione memorabile di quella sera.
      Non so dire che impressione ne avessi, o come trovassi impossibile, dopo, ripensandoci, separare la signora Strong da quello sguardo, e rifigurarmela nella sua amabilità innocente. Quel ricordo m’ossessionava, rientrando nella mia camera. Mi sembrava d’aver lasciato la casa del dottore sotto la minaccia di una nuvola oscura. Il rispetto che avevo per i suoi capelli grigi era misto a un sentimento di commiserazione per la sua fiducia in quelli che lo tradivano, e di rancore per quelli che gli facevano torto. L’ombra imminente di una grande sventura e d’una grande vergogna, non ancora distinta nella sua forma, cadeva come una macchia nel luogo tranquillo dove avevo lavorato e m’ero trastullato ragazzo, disonorandolo. Non mi piaceva più neppur di pensare alle due piante di aloè dalle larghe foglie, che rimanevano raccolte senza fiorire per un centinaio d’anni di seguito, o al prato rassettato e lindo, alle urne di pietra, alla passeggiata del dottore, al lieto suono della campana della Cattedrale, che si librava e si spandeva su ogni cosa lì intorno.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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