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      Egli ci narrò un’avventura comica che gli era capitata un giorno, come per compensarci della storia del naufragio, con una indescrivibile vivezza di rappresentazione – e l’Emilietta rise tanto da far echeggiare il battello con quella sua musica lieta, e ridemmo tutti (e Steerforth rise anche lui) trascinati in un irresistibile vortice di allegria. Egli riuscì a far cantare, o meglio muggire il pescatore Peggotty: «Quando il vento soffia, soffia... » e si mise a cantare anche lui una canzone marinaresca con tanto sentimento, che avrei quasi potuto immaginare che il vento che gemeva fuori, e si sentiva mormorare nel nostro silenzio, stesse lì ad origliare.
      Quanto alla signora Gummidge, egli riuscì a far salire quella vittima dello sconforto a un grado di allegria che nessuno le aveva fatto mai raggiungere (come c’informò il pescatore Peggotty), dopo la morte del vecchio. Le lasciò così poco tempo di sentirsi disgraziata, che il giorno dopo ella disse che certo era stata stregata.
      Ma non crediate ch’egli avesse il monopolio dell’attenzione di tutti, o della conversazione. Quando l’Emilietta si fece più ardita e mi parlò (ancora timidamente) delle nostre passeggiate sulla spiaggia in traccia di conchiglie e di sassi; e quando le chiesi se essa ricordasse quanto io le ero devoto; e quando entrambi ridemmo e arrossimmo nella contemplazione di quegli antichi incantevoli giorni, che sembravano ormai fantastici, egli stette pensoso e intento, e ci guardò tacito. Ella era seduta, in quel momento, e vi rimase tutta la sera, sul vecchio baule del vecchio angolo accanto al fuoco, e Cam le stava a fianco, seduto dove una volta sedevo io.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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