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      Temei che qualche dissapore fra lui e la madre fosse la cagione di quell’accesso di cattivo umore nel quale lo avevo sorpreso solitario accanto al fuoco. E glielo dissi.
      – Oh, no! – rispose, scotendo il capo, e con una risatina. – Niente di tutto questo. Ti dicevo, dunque, che è arrivato il mio domestico.
      – Lo stesso come sempre – disse Steerforth. – Remoto e cheto come il Polo Nord. Egli si occuperà del nuovo nome da dipingere sul battello. Si chiama il Gabbiano della Tempesta. Ti pare che Peggotty si curi molto dei gabbiani? Gli cambierò il nome.
      – E come lo chiamerai?
      – Emilia.
      Siccome continuava a guardarmi fermo e tranquillo, mi parve d’indovinare che egli volesse rammentarmi che non gli piaceva ch’io mi effondessi sulla sua generosità. Ma non potei fare a meno di mostrar nel viso il piacere che ne provavo; dissi poco però, ed egli ripigliò il suo solito sorriso, e parve come alleggerito da un grave fardello.
      – Ma vedi – disse, guardando innanzi – ecco qui l’Emilietta vera. E Cam con lei. Veramente è un cavaliere fedele. Non la lascia mai.
      Cam era allora costruttore di barche: aveva un’inclinazione naturale a quel mestiere, ed era diventato un operaio molto abile. Portava il vestito da lavoro, ma, così visibilmente rude, sembrava il più adatto protettore della fiorente personcina al suo fianco. Veramente, v’era nel suo viso una lealtà, un’onestà e un così visibile orgoglio di lei, e tanto amore per lei, che non occorreva altro per renderlo simpatico a primo aspetto. Pensavo, mentre ci venivano incontro, che erano bene appaiati sotto tutti i rapporti.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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