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      Terminammo il resto del nostro viaggio piacevolmente, a volte alludendo al Doctor’s Commons, e vagheggiando il tempo, ancora lontano, che io vi sarei stato procuratore; tempo che Steerforth illustrò con una gran varietà di quadri umoristici e capricciosi, che ci divertirono un mondo. Al nostro arrivo a Londra, egli se ne andò a casa sua, promettendomi di venirmi a trovare due giorni dopo; e io presi una vettura per Lincoln’s Inn Field dove trovai mia zia ancora in attesa della cena.
      Se fossi ritornato dal giro del mondo, non ci saremmo riveduti con più piacere. Mia zia si mise a piangere addirittura mentre mi abbracciava; e disse, fingendo di ridere, che se la mia povera madre fosse stata ancora in vita, quella sciocca piccina si sarebbe messa certamente a piangere.
      – Così avete abbandonato il signor Dick, zia – dissi. – Mi dispiace. E voi, Giannina, come state?
      Mentre Giannina mi faceva un inchino, dicendomi che sperava che io stessi bene, osservai il viso di mia zia che s’allungava molto.
      – Dispiace anche a me – disse mia zia, stropicciandosi il naso. – Da che son qui, Trot, non trovo più requie.
      Prima che le domandassi il perché, me lo disse.
      – Son persuasa – disse, mettendo la mano sulla tavola con melanconica fermezza – che il carattere di Dick non sia tale da tener lontani gli asini. Son certa che gli manca la forza di proposito. Avrei dovuto lasciar Giannina a casa, invece, e mi sarei sentita più tranquilla. Se un asino è oggi entrato nel prato – disse mia zia con forza – ha dovuto entrarci alle quattro.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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