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      Terminati felicemente questi preparativi, comprai un po’ di frutta al mercato di Covent Garden, e feci un’ordinazione d’una certa importanza da un rivenditore di vino al minuto del vicinato. Quando nel pomeriggio rientrai in casa, e vidi le bottiglie schierate in quadrato sul pavimento della cucina, mi sembrarono così numerose (benché ne mancassero due, e la signora Crupp non se ne potesse dar pace) che fui veramente sbigottito a quello spettacolo.
      Uno dei due amici di Steerforth si chiamava Grainger, e l’altro Markham. Erano tutti e due allegri e vivaci; Grainger di qualche anno maggiore di Steerforth; Markham più giovane; certo non direi di più di vent’anni. Osservai che costui parlava di sé indefinitamente, con la particella «si», sostituendola alla prima persona singolare che non usava quasi mai.
      – Si potrebbe star benissimo qui, signor Copperfield, – disse Markham, alludendo a sé.
      – Veramente, non si sta male qui, – io dissi, – le stanze sono molto comode.
      – Spero che siate venuti con un buon appetito. – disse Steerforth.
      – Parola d’onore, – rispose Markham, – Londra aguzza l’appetito. Si ha fame sempre. Si mangia continuamente.
      Provando un certo imbarazzo in principio, e sentendomi troppo giovine per dirigere il pasto, feci mettere, quando fu annunciato il desinare, Steerforth a capotavola; ed io gli sedetti di fronte. Tutto ci parve buono; il vino non fu risparmiato; ed egli si mise con tanto ardore a voler che il desinare fosse allegro, che la nostra giocondità non s’interruppe neppure per un minuto.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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