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      Continuai col mescere ininterrottamente il vino, e a stappare sempre nuove bottiglie, molto tempo prima che ce ne fosse bisogno. E brindai a Steerforth, chiamandolo il mio più caro amico, il protettore della mia infanzia, e il compagno della mia giovinezza. Dissi ch’ero felice di brindare alla sua salute, e che gli dovevo più di quanto potessi mai restituirgli, e che avevo per lui un’ammirazione sconfinata. Finii, gridando: «Alla salute di Steerforth! Che Dio lo benedica! Viva Steerforth!» Bevemmo tre volte tre bicchieri di vino in suo onore, e poi un altro, e poi ancora un altro definitivo. Ruppi il bicchiere, facendo il giro della tavola per andargli a stringere la mano, e gli dissi (in due parole): «Steerforth, seilastellapolaredellamiaesistenza».
      Continuai con l’accorgermi che qualcuno era occupato a cantare. Era Markham che cantava «Quando l’uomo è pien d’affanni». Allorché ebbe finito, ci propose di brindare alla «Donna». Io gli feci delle obbiezioni, dicendogli che non glielo avrei permesso, perché quello non sarebbe stato un brindisi rispettoso. In casa mia non avrei permesso altro brindisi della specie che uno diretto alle «Signore». Gli parlavo con grande arroganza, anche perché vedevo che Steerforth e Grainger ridevano di me – o di lui – o di tutti e due. Egli disse che non si faceva dettar legge da nessuno. Io dissi che doveva farsela dettare. Egli disse che allora non si lasciava insultare. Io dissi che in questo aveva ragione – almeno sotto il mio tetto, dove i Lari erano sacri, e regolavano le leggi dell’ospitalità. Egli disse che non si derogava dalla propria dignità confessando che io ero un simpatico giovane.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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