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      Trovai Uriah Heep nella comitiva, in abito nero e in profonda modestia. Nell’atto che gli stringevo la mano, mi disse che era orgoglioso d’essere oggetto della mia attenzione, e riconoscente per la mia condiscendenza. Avrei desiderato che mi fosse stato meno riconoscente, perché nella effusione della sua gratitudine mi gravitò intorno per tutto il resto della serata: tutte le volte che io dicevo una parola ad Agnese ero certo di vedermelo lì di dietro, con quei suoi occhi senza ciglia e quel suo viso cadaverico.
      V’erano altri ospiti – tutti, come osservai, in ghiaccio, per l’occasione, al pari del vino. Ma uno attrasse la mia attenzione prima d’entrare, non appena ne fu pronunciato il nome: il signor Traddles. La mia mente volò subito a Salem House: non poteva forse essere Tommaso Traddles che soleva disegnare gli scheletri?
      Attesi l’ingresso del signor Traddles con vivo interesse. Vidi un giovane calmo, compassato, di maniere modeste, con una chioma ribelle, e gli occhi un po’ troppo aperti. Si ritirò così presto in cantuccio oscuro, che durai fatica a rintracciarlo. Finalmente potei esaminarlo in pieno, e... bene, o la mia vista prendeva un grosso abbaglio, o quegli era veramente l’antico disgraziato Tommaso Traddles.
      M’avvicinai al signor Waterbrook, e gli dissi che con piacere credevo d’aver scoperto in casa sua un mio vecchio compagno di scuola.
      – Veramente! – disse il signor Waterbrook, sorpreso. – Non siete troppo giovane per essere stato a scuola col signor Spiker?
      – Oh, non alludo a lui!


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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