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      La signora Waterbrook ci disse più volte, che se essa aveva un debole, era appunto per il Sangue.
      Pensai parecchie volte che saremmo stati meglio, se non fossimo stati così per bene. Eravamo così straordinariamente per bene che il nostro campo era molto limitato. V’erano fra gl’invitati un signore e una signora Gulpidge che avevano qualche relazione (almeno il signor Gulpidge) di seconda mano con gli affari legali della Banca d’Inghilterra; e chi con la Banca d’Inghilterra e chi col Tesoro, eravamo più esclusivi del giornale di Corte. Per aggiunger grazia alla cosa, la zia di Amleto aveva il difetto della famiglia: di abbandonarsi a dei soliloqui, e andava innanzi, sola, a intervalli, su tutti i soggetti della conversazione, che non erano molti, veramente, e s’aggiravano sempre sul Sangue, di modo che, come suo nipote, ella aveva innanzi a sé un vastissimo campo di speculazione astratta.
      Si sarebbe detto che fossimo a un pranzo d’orchi, così sanguinario era il tono della conversazione.
      – Confesso che sono dell’opinione della signora Waterbrook – disse il signor Waterbrook, col bicchiere all’altezza dell’occhio. – Ci sono altre cose che hanno pure il loro pregio, ma non dite male del Sangue!
      – Oh, non v’è nulla – osservò la zia d’Amleto – non v’è nulla che dia tanta soddisfazione! Non v’è nulla che sia tanto il beau-ideal di... di tutte quelle specie di cose, generalmente parlando. Vi sono alcune menti volgari (non molte, voglio credere, ma ve ne sono) che preferirebbero di fare ciò che io direi prosternarsi innanzi a degli idoli.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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