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      E così accadde alla fine ch’egli mi disse che fra otto giorni sarebbe caduto il natalizio di Dora, ed egli sarebbe stato lieto se io avessi partecipato al «picnic» col quale sarebbe stato festeggiato. Immediatamente persi i sensi; e il giorno dopo, ricevendo un bigliettino con l’orlo ricamato, che diceva: «Raccomandato alla diligenza di papà. Per ricordo», diventai pazzo, e passai i giorni seguenti in una perfetta condizione d’incitrullimento.
      Credo che commettessi ogni sorta di sciocchezze nell’attesa di quel giorno fortunato. Divento rosso ripensando alla cravatta che comprai. Le mie scarpe nuove potevano figurar benissimo in una collezione di strumenti di tortura. Comprai e spedii a Norwood, la sera prima, con la diligenza, un elegante e grazioso panierino, che di per sé stesso, credo, era quasi una dichiarazione. Conteneva dolci avvolti nei più teneri motti che si potessero comperare. La mattina, alle sei, ero al mercato di Covent Garden per comprare un mazzo di fiori per Dora. Alle dieci ero a cavallo (avevo noleggiato un bel corsiero grigio per l’occasione) e trottavo verso Norwood, col mazzolino nel cappello per tenerlo fresco.
      Credo che quando vidi Dora nel giardino e finsi di non vederla, e andai più oltre, facendo l’atto di cercare con grande ansia la casa, commettessi due piccole bestialità che altri forse nelle mie condizioni avrebbe pure commesse – perché le feci con tanta naturalezza. Ma, ahi, quando ebbi trovato la casa, e discesi al cancello del giardino, e trascinai quelle scarpe spietate a traverso il prato verso Dora, la quale era adagiata su un sedile all’ombra di un albero di lillà, che spettacolo ella mi offrì, in quella bella mattina, tra le farfalle, col cappellino di paglia bianca e la veste azzurra!


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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