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      – Però – disse mia zia – io non voglio scoraggiare due creature o renderle infelici: così, benché sia una passione di ragazzi... e le passioni dei ragazzi spessissimo... non dico sempre, bada!... si risolvano in nulla, noi la tratteremo con serietà, sperandone un esito prospero per un giorno avvenire. Abbiamo abbastanza tempo per arrivare a qualche cosa di concreto.
      Questo, in sostanza, non era molto consolante per un ardente innamorato quale io m’ero; ma, lieto che mia zia non ignorasse la mia affezione, pensai che ella dovesse essere stanca. Così la ringraziai vivamente per quella sua dimostrazione d’affetto, e per tutte le altre sue gentili parole, e dopo ch’io le ebbi dato teneramente la buona sera, ella trasportò nel mio letto la sua cuffia da notte.
      Come mi sentii infelice, quando mi sdraiai anch’io nel salottino! Non feci altro che pensare e ripensare alla mia povertà di fronte al signor Spenlow; alle mie condizioni diventate assai diverse da quando avevo fatto la mia dichiarazione a Dora; alla cavalleresca necessità di rivelarle il mio stato domestico e finanziario, e di scioglier Dora dalla sua promessa, se ella lo desiderasse; al modo di tirare innanzi, fino al termine del mio impegno col signor Spenlow, durante il qual tempo non avrei guadagnato nulla; alla necessità di far qualcosa per aiutare mia zia, e all’impossibilità di far nulla; al fatto che non avrei avuto più denaro in tasca, e avrei portato un vestito frusto, e non avrei potuto fare a Dora qualche regalino, e non avrei più cavalcato bei corsieri grigi, e non più avuto un aspetto elegante.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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