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      Voi sapete com’era. Tendo a credere ch’egli non avesse fatto testamento.
      – Oh, io so che l’aveva fatto! – dissi. Entrambi si fermarono a guardarmi.
      – Proprio l’ultimo giorno che lo vidi – dissi – mi affermò d’averlo fatto, e che le sue faccende erano da parecchio tempo in ordine.
      Il signor Jorkins e il vecchio Tiffey scossero il capo come d’accordo.
      – Questo non mi promette nulla di buono – disse Tiffey.
      – Nulla di buono – disse il signor Jorkins.
      – Certo che non vorrete mettere in dubbio... – cominciai.
      – Mio buon signor Copperfield! – disse Tiffey, mettendomi la mano sul braccio, e chiudendo gli occhi mentre scoteva il capo – se foste stato al Commons tutto il tempo che ci sono stato io, sapreste che non c’è altro soggetto sul quale gli uomini siano così inconsistenti e così poco credibili.
      – Ebbene, Dio vi benedica, anche lui mi fece la stessa osservazione – risposi insistendo.
      – E allora non c’è altro da dire – soggiunse Tiffey, – È mia opinione che il testamento non esista.
      Mi sembrò strano, ma veramente il testamento non si trovò. Egli non aveva neppure avuto mai il pensiero di farne uno, a quanto le sue carte mostravano; perché non vi s’incontrò neanche un cenno, un memorando di qual che si fosse disposizione testamentaria. E non mi sorprese meno il fatto che i suoi affari erano in un vero caos. Appresi che era estremamente difficile stabilire ciò che dovesse, o ciò che avesse pagato, o ciò che possedesse. Si considerò che da anni probabilmente non avesse neanche lui una chiara opinione in materia.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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