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      – Vogliamo tornare indietro? – disse Uriah, facendomi fare una giravolta verso la città sulla quale splendeva la luna, inargentando le finestre lontane.
      – Prima di cambiar discorso, voi dovreste persuadervi – dissi, rompendo un silenzio durato a lungo – che io credo che Agnese Wickfield sia così al di sopra di voi, e così lontana da tutte le vostre aspirazioni, come può esser la luna.
      – Ella è così tranquilla, non è vero? – disse Uriah. – Tranquillissima. Ora confessate, signorino Copperfield, che voi non m’avete voluto mai bene, come ve n’ho voluto io. E potrei meravigliarmi se ancora adesso mi giudicaste troppo umile?
      – Non mi piacciono le proteste di umiltà risposi – e le proteste di nessuna specie. .
      – To’ – disse Uriah, con viso cinereo e plumbeo nel chiarore della luna. – N’ero certo! Ma voi non sapete come la modestia s’addica a una persona della mia condizione, signorino Copperfield. Mio padre e io siamo stati allevati in una scuola pia, e anche la mamma fu allevata in una specie d’istituto di carità. Da mattina a sera, ci s’insegnò ad esser umili, e non molto d’altro, credo. Dovevamo essere umili con questo, umili con quello, e cavarci il cappello qua, e inchinarci là; e star sempre al nostro posto, e abbassarci sempre innanzi ai superiori. E avevamo tanti superiori! Papà si guadagnò la medaglia di caposquadra con l’essere umile, come me la guadagnai io. Papà fu sagrestano e becchino a forza d’umiltà. Egli aveva la reputazione, fra le persone a modo, di condursi così bene, che esse erano risolute a farlo salire.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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