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      Ma poco importa.
      Vi fu un’altra lunga pausa. Mentr’egli mi guardava, mi sembrava che i suoi occhi assumessero man mano tutte le sfumature di colore che potevano farli più tristi.
      – Copperfield – disse, togliendosi la mano dalla guancia – voi mi siete stato sempre contrario.
      – Tu pensa ciò che ti pare e piace – gli dissi con collera. – Benché non sia vero, era quello che meritavi.
      – E pure v’ho voluto sempre bene, Copperfield.
      Non mi degnai di rispondergli; e presi il cappello per andarmene, quand’egli si piantò fra me e la porta.
      – Copperfield . – egli disse – per litigare bisogna essere in due. Io non voglio litigare.
      – Puoi andare al diavolo! – dissi.
      – Non dite così! – egli rispose. – So che dopo ve ne pentirete. Come potete farvi così inferiore a me, da mostrarvi in tale condizione di spirito? Ma io vi perdono.
      – Il tuo perdono! – risposi sdegnosamente.
      – Sì, io vi perdono, e non potete proibirmelo – rispose Uriah. – Chi direbbe che siete stato capace di percuotermi, quando vi sono stato sempre amico? Ma per litigare bisogna essere in due, e io non voglio litigare. Io continuerò ad esservi amico, a vostro dispetto. Così ora sapete ciò che potrete aspettarvi da me.
      La necessità di disputare a bassa voce (la sua parte era lenta, la mia vivace) per non turbare la casa a quell’ora, non mi rendeva migliore, benché la mia ira andasse sbollendo. Dicendogli semplicemente che m’aspettavo da lui ciò che sempre m’ero aspettato, senza aver sperimentato la minima delusione, spalancai la porta su di lui, come fosse stato una grossa noce messa li per essere schiacciata, e uscii.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Copperfield Uriah