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      – disse Dora; e ancora standomi sulle ginocchia, le segnò con la matita, portandosela alle labbra per tracciarle più nere, e lavorando sulla mia fronte con tanta ridicola serietà, che io mi misi a ridere, pur contro voglia.
      – Ecco, ora sei un buon ragazzo – disse Dora. – Quando ridi hai una faccia molto più bella.
      – Ma amor mio... – dissi.
      – No, no, per carità! – esclamò Dora, con un bacio. – Non fare il Barbablù, non fare il serio!
      – Mia diletta moglie – dissi – qualche volta dobbiamo esser seri. Su.’ Mettiti su questa sedia, accanto a me. Dammi quella matita. Ecco! Ora ragioniamo un po’. Tu sai, cara – come era bella la sua manina, e come era piccolino l’anello che le splendeva al dito! – tu sai, cara, che non è molto piacevole dover uscire senza aver desinato. Non è vero?
      – S... s... sì – rispose Dora con un fil di voce.
      – Tu tremi, cara.
      – Perché so che tu mi sgriderai! – esclamò Dora, quasi con un piagnucolìo.
      – Ma no, mia cara, voglio soltanto ragionare.
      – Oh, ma ragionare è peggio che sgridare! – esclamò Dora disperata. – Io non mi son maritata per sentir ragionare. Se tu avevi intenzione di ragionare con una povera ragazza come me, avresti dovuto dirmelo, cattivo!
      Tentai di calmare Dora, ma ella volse il viso da un’altra parte e scosse il capo da un lato all’altro, dicendomi: «Cattivo, cattivo!» tante volte che veramente non sapevo che fare. Così, nell’incertezza, m’aggirai un po’ per la stanza, e poi tornai a lei:
      – Dora, mia cara!
      – No, io non sono la tua cara. Perché se tu non ti fossi già pentito d’avermi sposata, non cercheresti di ragionare con me.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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