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      – Annie! – disse il dottore, prendendole teneramente la mano. – Diletta mia! Se col passar del tempo è avvenuto nella nostra unione matrimoniale qualche mutamento inevitabile, la colpa non è tua. La colpa è mia, soltanto mia. Ma nel mio affetto, nella mia ammirazione e nel mio rispetto per te, non v’è alcun cambiamento. Il mio desiderio è di farti felice. Io ti amo e ti stimo. Alzati, Annie, ti prego!
      Ma ella non si levava. Dopo averlo guardato per un po’, gli si strinse più da presso, gli mise un braccio sulle ginocchia, e appoggiandovi la testa, disse:
      – Se io ho qui un amico che possa dire una parola per me o per mio marito; se v’è qui un amico, che stima mia marito o che m’abbia mai voluto bene; se questo amico sa qualche cosa che possa aiutarci, lo scongiuro di parlare.
      Vi fu un profondo silenzio. Dopo alcuni momenti di penosa esitazione, finalmente io lo ruppi.
      – Signora Strong – dissi – io so qualche cosa, che il dottore m’aveva vivamente supplicato di tacere, e l’ho taciuto sinora. Ma credo sia giunto il tempo in cui sarebbe malintesa delicatezza continuare a tacere: la vostra preghiera mi scioglie da ogni promessa.
      Ella volse per un istante il viso verso di me, e mi confermai nel mio proposito. Non avrei potuto resistere a quel suo sguardo supplichevole, se anche vi fosse stata minore intensità.
      – La nostra pace avvenire – ella disse – può essere nelle vostre mani. Ho fiducia che voi non tacerete nulla. So già che né voi, né nessuno può dirmi cosa che intacchi la nobiltà del cuore di mio marito.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Diletta Annie Strong