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      La luce nel corridoio fu per un istante oscurata e ne uscì mia zia. Ella era agitata, e gli contò del denaro, che tintinnava, in mano.
      – Che vuoi che me ne faccia di così poco? – egli domandò.
      – Non posso dartene di più – rispose mia zia.
      – Allora non me ne vado – egli disse. – Ecco, riprenditelo..
      – Briccone – rispose mia zia con gran commozione – come puoi trattarmi così? Ma a che serve domandartelo? Perché tu approfitti della mia debolezza. Se volessi liberarmi delle tue visite, non avrei che da abbandonarti alla sorte che meriti.
      – Ebbene, perché non mi abbandoni alla sorte che merito? – egli disse.
      – E hai il coraggio di domandarmi il perché? – rispose mia zia. – Che cuore che devi avere!
      Egli se ne stette tristemente a far tintinnare il denaro e a scuotere il capo, e finalmente disse:
      – È tutto quello che intendi darmi, allora?
      – È tutto quello che posso darti – disse mia zia. – Tu sai che ho sofferto delle gravi perdite, e che sono molto più povera d’una volta. Già te l’ho detto. Ora che hai avuto ciò che volevi, perché mi dai il dispiacere di rimanere ancora qui, e di farmi vedere ciò che sei diventato?
      – Son diventato molto miserabile, se tu intendi questo – egli disse. – Conduco una vita da cane.
      – Tu m’hai spogliata della maggior parte di ciò che possedevo – disse mia zia. – Tu mi chiudesti il cuore per il mondo intero, per anni ed anni. Tu mi trattasti nella maniera più perfida, più ingrata, più crudele. Va’ e pentitene. Non aggiungere nuovi torti alla lunghissima lista di quelli che già m’hai fatti.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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