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      Aveva l’assoluta necessità, prima d’andarsene, di veder Dora; e Dora andò a fargli una visita, e svenne, quando si trovò entro i ferrei cancelli della prigione. In breve, non riacquistai la pace, se non dopo ch’egli fu espatriato, e fatto (come seppi dopo) pastore in qualche parte «laggiù in campagna»; ma dove precisamente, le mie cognizioni geografiche non mi dissero mai.
      Tutto questo mi spinse a fare delle serie riflessioni, che mi presentarono i nostri errori sotto una nuova luce: come non potei fare a meno di comunicare a Dora una sera, nonostante la mia tenerezza per lei.
      – Amor mio – dissi – è veramente doloroso, pensare come la nostra mancanza di sistema nell’economia domestica nuoccia non soltanto a noi (oramai noi ci siamo abituati), ma anche agli altri.
      – Da molto tempo sei stato zitto, e ora ricominci a brontolare – disse Dora.
      – No, mia cara, no. Lascia che ti spieghi ciò che voglio dire.
      – Non voglio saper nulla – disse Dora.
      – Ma io voglio che tu sappia, amor mio. Metti Jip in terra.
      Dora avvicinò il naso di Jip al mio, e fece «Bu»!, cercando di farmi ridere; ma, non riuscendoci, ordinò a Jip di rientrare nella pagoda, e mi si sedette di fronte, con le mani giunte, e un’aria di grande rassegnazione in viso.
      – Il fatto sta, mia cara – cominciai – che il nostro male è contagioso. Noi infettiamo chiunque ci avvicina.
      Avrei continuato a parlare in questo stile figurato, se il volto di Dora non mi avesse ammonito che ella si aspettava di sentirmi proporle una nuova specie di vaccinazione, o qualche altro processo chirurgico per guarire del nostro contagio.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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